Domenica, 15 Luglio 2012 14:31

Intervista al presidente Lugo (febbraio 2010). Addenda

Scritto da  Gerardo

Trasmettiamo una nota da aggiungere al testo dell'intervista fatta al presidente Fernando Lugo nel febbraio 2010.
Questo testo anticipa quanto apparirà, nelle prossime settimane, nel volume di A. Nesti, Nel Mediterraneo largo. Pagine di diario latino americano, Roma, Aracne editrice.



Addenda

La mozione di sfiducia al presidente Lugo. Sul crinale fra democrazia formale e democrazia sostanziale

Dopo l’intervista concessami il 17 febbraio 2010 non prevedevo che si potesse arrivare al 22 giugno 2012, al giorno cioè in cui il Presidente è stato destituito. Lugo è stato messo sotto processo in meno di 48 ore dal parlamento paraguayano formalmente per alcuni episodi:
a) per due conflitti sulla proprietà terriera che ha funto da casus belli. Uno è capitato appena una decina di giorni prima quando è avvenuto uno scontro a fuoco a Cueuguaty tra contadini e forze di polizia che ha fatto sedici morti;
b) per l’incapacità di ridurre la violenza nel paese;
c) per la firma del Protocollo di Ushuaia il che, secondo il parlamento, rischiava di compromettere la fornitura di energie al paese.

Si tratta di pretesti che non riescono a nascondere la scarsa simpatia riscossa da Lugo presso numerosi poteri forti del Paraguay in particolare oltre che presso due partiti storici, il Colorado e il Liberale, presso le forze armate (nel 2009 Lugo aveva dovuto cambiare i vertici temendo un colpo di stato ai suoi danni), presso i latifondisti (il 2% della popolazione possiede oltre il 75% della terra coltivabile, in un paese in cui oltre il 26% della popolazione lavora nel settore primario). Va tenuta presente la categoria che comprende anche le multinazionali della soia di cui il Paraguay è il quarto esportatore nel mondo. Inoltre si ricordi l’ostilità dei brasiguayos, i cittadini discendenti dai brasiliani che emigrarono in massa a partire dagli anni sessanta del ’900, che Lugo non esitava a chiamare mafia.
La vittoria di Lugo nel 2008 era stato un evento epocale: per la prima volta il Paraguay, da poco tornato alla democrazia, eleggeva un capo di Stato sorretto da una coalizione assai variegata ma con un programma di governo decisamente orientato a favore dei più poveri, il cui punto principale era proprio la riforma agraria. Il suo mandato tuttavia è stato fortemente limitato, oltre che dai poteri forti e dalle sue precarie condizioni di salute, da una ostile maggioranza parlamentare (di cui faceva parte anche Federico Franco, una vera e propria “serpe in seno”, sarà poi nominato presidente a succedere a Lugo).
In questi anni va, comunque, ricordato che Lugo ha raggiunto un obiettivo importante: è riuscito a rinegoziare l’accordo con il Brasile per lo sfruttamento della diga di Itaipù, la più grande centrale idroelettrica del mondo che fornisce molta più energia di quanto Asuncion sia in grado di consumare. Secondo il trattato stipulato nel 1971 dai rispettivi governi dittatoriali, il Paraguay doveva fornire il surplus di energia al Brasile alla cifra fissa di 120 milioni di dollari all’anno, cifra molto inferiore al prezzo di mercato. Questa cifra è stata triplicata grazie all’intesa fra Lugo e il presidente Lula che ha anche impegnato il suo paese a investire ulteriormente nelle infrastrutture paraguayane. Senza voler fare un bilancio della presidenza Lugo va ricordato che a lui si deve anche una pur moderata riforma sanitaria, il programma di lotta alla povertà “Tekoporà” tramite fondi per l’appoggio a particolari comunità: passava dalle 1400 famiglie beneficiate nel 2008, alle 12000 del giugno 2010.
Il mandato di Lugo sarebbe terminato ad aprile 2013. Perché questa brusca interruzione?
Probabilmente i Colorados e i Liberali hanno preferito estrometterlo anche per evitare che fosse lui a gestire il paese e le sue risorse nei mesi precedenti alle nuove elezioni del 2013. Quasi tutti i governi latinoamericani hanno condannato la destituzione di Lugo decidendo di escludere il Paraguay sia dal Mercosur sia dall’Unasar. Che dire dunque di questo evento?
Se il Presidente avesse l’occasione di leggere queste pagine, gli vorrei modestamente ricordare che le osservazioni critiche fatte, con garbo durante l’intervista del 2010, nascevano dal disagio di vedere sottovalutati da lui, gli attacchi che fin da allora gli venivano mossi senza un’adeguata reazione. In modo particolare non mi sembra che si dessero risposte a voci come quella del quotidiano Abc Color, che si è rivelato una vera e propria artiglieria del golpe. La domanda nasceva dalla preoccupazione che Lugo fidandosi, forse troppo, della sua base sociale, senza forza organizzata (con una frammentata sinistra) ed una assai imperfetta democrazia non si rendesse conto, della sua oggettiva collocazione in un crinale tra democrazia formale e democrazia sostanziale. Avevamo la sensazione di avvertire che solo dai movimenti sociali derivava la sua stessa legittimità e che solo appoggiandosi pienamente ad essi – e giammai alla pattuizione defatigante con il nemico – avrebbe potuto salvare il processo popolare. Non si era reso conto, o forse è stato semplicemente sconfitto, che le oligarchie fondate su privati interessi sono irredimibili, irriconducibili a processi democratici.
Tali oligarchie usano: usano le elezioni, usano i voti parlamentari, usano i media come hanno usato la sua pazienza che non ha portato a nulla e adesso lo destituiscono per “inettitudine e mancanza di decoro”. “Legale ma non legittima” hanno detto della destituzione. Vero: e per il cambiamento necessario Lugo in questi anni, purtroppo, ha scelto la legalità leguleia piuttosto che la legittimità e ora viene spazzato via da questa stessa legalità illegittima.
La Monsanto, l’Ambasciata Usa, la Nunziatura vaticana, i narcos, le oligarchie locali festeggiano per essere riusciti a irretire prima e liberarsi ora di quella speranza che aveva osato spingersi fino ad Asunción. Adesso l’Unasur, una sorta di consiglio di sicurezza delle democrazie integrazioniste latinoamericane, dovrà decidere quali sanzioni prendere verso il governo presieduto da Federico Franco. La schiena dritta dei governi integrazionisti latinoamericani in queste ore continua ad essere la certezza ma in queste periferie d’America, ad Asunción, il tempo scorre più lentamente e neanche l’escatologia cristiana del vescovo Lugo ha potuto accelerarlo.

Caro Presidente Lugo, nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario! Ho condiviso quello che lei ha dichiarato all’emittente Telesur nel momento in cui la Camera dei deputati si era riunita per deliberare il suo impeachiment, “Più che un tentativo di golpe questo è un colpo di stato express perché lo hanno fatto fra la notte e la mattina. Ed è pure incostituzionale”. Quali che possano essere le osservazioni critiche, alla resa dei conti, e a nove mesi appena dalle nuove elezioni, non sembra avere molto senso un tale colpo di stato.
Per un’insieme di ragioni tutto tende a trasformare Lugo, ben al di là della sua figura personale di ecclesiastico, in un martire per la libertà.

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